La mulattiera più bella dell'Ossola

Quando si esprimono delle valutazioni su basi estetiche, non si può mai essere tutti d’accordo. Tuttavia, non si può negare che la mulattiera tra Cagiogno e Boschetto, nel Comune di Premia, sia davvero sorprendente per la pregevole fattezza e l’ottimo stato di conservazione.

DOVE

Ritrovo nel piccolo spiazzo davanti al lavatoio di Cagiogno (725 m), dove termina la strada (coordinate geografiche: 46.2716 N, 8.3499 E). Provenendo da Domodossola, si supera l’abitato di Premia e si continua per circa un km in discesa. Appena dopo la frazione Sagiago, quando la strada spiana, si trova a sinistra la deviazione per Piedilago e un centinaio di metri dopo, a destra, quella per Cagiogno, che si percorre per meno di un km fin dove si conclude.

PERCORSO

Prima di iniziare la salita, la frazione Cagiogno merita un’occhiata per la sua cappella munita di campaniletto e per le sue grandi case settecentesche, tra le quali spicca una recente costruzione alquanto eclettica.

La mulattiera sale con pendenza regolare in un bosco di latifoglie, in gran parte sostenuta da muri a secco che evitano inclinazioni laterali del piano di calpestio, contribuendo nel contempo a smussare le irregolarità nel declivio del versante. Tra pareti a picco e tratti strapiombanti (le cosiddette balme), si aprono scorci panoramici sulla valle Antigorio e le montagne circostanti. Nei punti in cui il pendio si fa più aspro, il tracciato si snoda in tornanti ben studiati, muniti di muretto di protezione e pregevoli anche da un punto di vista estetico. Dopo circa un paio di km sbuca presso la località Boschetto (1205 m) e continua con un sentiero che in 15′ porta alla ridente Alpe Bee (1297 m) dove, tra prati ben curati e baite ristrutturate con gusto, si possono vedere alcuni oggetti tradizionali in pietra, come martlôrie per affilare le falci fienaie e spresôrie per favorire lo spurgo dei formaggi, nonché incisioni di vario tipo ed epoca sulle strutture circostanti. È anche presente una lapide in ricordo degli otto contrabbandieri uccisi da una valanga nel gennaio del 1933, una storia che merita senz’altro di essere raccontata. Sopra Bee è ancora visibile una vecchia fornace per la calce: non a caso, il torrente che si supera poco dopo si chiama Rio Alba per la presenza di chiare rocce calcaree. Risalita una scalinata, per un bosco di abeti rossi si raggiunge Aloro (1387 m), dove si può prendere la deviazione per Crego o imboccare una strada sterrata che, attraverso alcuni nuclei di case, in un’oretta conduce all’Alpe Aleccio (1492 m). Da lì si scende per la strada asfaltata e dopo alcune centinaia di metri si incontra il sentiero per Crego (778 m), raggiungibile in circa un’ora e un quarto dopo essersi ricongiunti alla strada proveniente da Aloro. A monte della frazione si trova il piccolo cimitero nel quale avevano trovato sepoltura agli otto spalloni travolti dalla valanga del 1933, poiché, data la loro condizione di fuorilegge, le autorità civili e religiose non avevano voluto seppellirli nel cimitero principale di Crodo. Giungendo a Crego non si può evitare di essere colpiti dall’insolita chiesa di Maria Immacolata, circondata da un colonnato del tutto originale. L’edificio è opera di don Lorenzo Dresco, il sacerdote che vi ha lavorato personalmente, coadiuvato da alcuni operai pagati di tasca sua, tra il 1852 e il 1877. Tra le sue 39 arcate sorrette da 48 colonne di forma complessa, 9 delle quali sono interne, il peristilio presenta una fitta serie di incisioni in latino che, oltre a preghiere e invocazioni, forniscono alcune informazioni sull’opera e i suoi realizzatori.

Poco sopra la chiesa si prende un sentiero non molto evidente che, con andamento grossomodo pianeggiante, percorre un tratto di una condotta coperta dell’Enel e riporta in un’oretta a Cagiogno, passando per la suggestiva cascata del Rio Alba.

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